Sisma, testimonianze dal 118, Mario Giovannelli, operatore
Nella notte del sisma in tanti, anche cittadini di Amatrice, si sono trovati sulla scena del disastro nei primi minuti a salvare concittadini o nei casi peggiori a estrarli già senza vita. È il caso di Mario Giovannelli, operatore del 118, quella notte in servizio. Oggi, dopo sei giorni, ricorda così quei momenti e esprime le paure sul futuro, perché il terremoto ha distrutto ogni esercizio commerciale e attività di Amatrice. L’inviata Gabriella Ceraso lo ha incontrato:
R. – Quella notte, facevo la notte in ospedale. Mi è arrivata una chiamata per un’insufficienza respiratoria. Ho parlato con la centrale, ho riattaccato il telefono e c’è stata la scossa di terremoto. Mi hanno mandato subito verso Amatrice.
D. – Cosa ha trovato?
R. – Con l’ambulanza rotta – perché sono caduti dei massi sull’ambulanza – siamo andati dove siamo potuti arrivare. Abbiamo estratto un ragazzo che adesso è a Rieti. La moglie, che dovrebbe essere in rianimazione, e poi, per i figli – non so se conoscete la storia del gemellini – uno purtroppo era già morto quando l’abbiamo visto, l’altro non si trovava…
D. – Quindi, lei tutta la notte ha lavorato…
R. – Ho lavorato pure parte del pomeriggio…
D. – Essendo di Amatrice e vedendo quello che stava succedendo tra la sua gente… Cosa ne è di questo borgo e soprattutto cosa voi sentite di voler fare? Certo, non andar via, immagino…
R. – No, penso di no. Qui si parla di ricostruire, prima o poi si ricostruirà… Non so come però, adesso è difficile dirlo…
D. – Il sindaco ma anche il vescovo hanno detto che è il momento della speranza. Bisogna sperare, bisogna lottare…
R. – Questo sì, sono contento se viene il Papa qui, così c’è un minimo di conforto, qualcosa per andare avanti… Ho visto parecchia gente che piange e questa cosa, chiaramente, non si dimenticherà facilmente. Rimane dentro… Le immagini, i volti…
D. – E nel futuro?
R. – Non lo so, io vorrei continuare a stare qua…
Oltre 20 minori sono accolti sin da giovedì scorso nello spazio a misura di bambino che “Save the Children” ha allestito nella tendopoli del campo sportivo di Amatrice. Un luogo colorato, pieno di disegni tavolini, palloni e scaffali con oggetti di tutti i tipi. “Gli adolescenti cercano risposte anche politiche ai loro dubbi, i bambini vogliono giocare. Riusciamo a registrare grandi progressi”: così racconta al microfono di Gabriella Ceraso la coordinatrice educativa della Ong, Erika Russo:
R. – I bambini che stiamo seguendo devo dire che hanno veramente avuto un’evoluzione positiva, nel senso che vengono volentieri, addirittura ci aspettano ancora prima che lo spazio venga aperto… Stanno esprimendo sia cose positive, emozioni positive, che anche un po’ di paure. Lo fanno attraverso i disegni, la manipolazione del Pongo…
D. – C’è il colore nei loro disegni, ci sono i sorrisi?
R. – Ci sono moltissimi sorrisi e moltissimi colori. Ci sono forse dei momenti di silenzio oppure un ritorno al bisogno di raccontare che cosa è successo, il fatto che qualcuno – per esempio – ha perso il gatto, la casa non c’è più, non c’è più la propria cameretta…
D. – Fanno domande?
R. – Fanno domande… La più comune, quella se “il terremoto tornerà quando torneremo a casa?”.
D. – Con gli adolescenti immagino che le difficoltà siano diverse…
R. – Siamo noi a chiedere loro di cosa hanno veramente bisogno, quali siano i loro desideri, cosa manca loro, ad esempio, e come possiamo noi, “Save the Children”, aiutare loro a realizzare i loro hobby, per esempio… Abbiamo messo a disposizione dei giochi da tavolo, le carte, abbiamo anche proposto dei cineforum che magari da qui in avanti potremo organizzare insieme…
D. – Loro cosa vi domandano?
R. – Hanno dubbi un po’ più da grandi: se torneranno a scuola, quale sarà anche la gestione politica della questione del ritorno in alcune abitazioni…
D. – Come vi regolerete nel momento in cui reinizieranno le scuole?
R. – Una cosa è certa, che staremo nel campo-tenda fino a quando ci saranno minori.