Lecce; Medici, infermieri e autisti 118 a rischio burnout
Il personale sulle ambulanze è il primo contatto filtro con i pazienti, eppure sembra essere quello maggiormente penalizzato. Cgil: “Molti dei sanitari, formati qui, se ne vanno in Abruzzo, assunti con contratti ospedalieri”. Lo sfogo di un medico
Vi è una emergenza sanitaria nell’emergenza sanitaria. Sottoposti a uno stress senza precedenti. Al rischio di spegnersi in un burnout, l’esaurimento psicofisico che si sviluppa in ambienti di lavoro, per via della pressione alla quale sono sottoposti. Medici, infermieri e autisti del 118 costituiscono il primo contatto, il filtro con i positivi al Covid già accertati, con quelli sospetti e, infine, con coloro che neppure sanno ancora di esserlo. “Siamo in prima linea, poiché il personale delle guardie mediche o gli stessi medici di famiglia non si recano a casa dei cittadini. Noi sì”, racconta uno dei medici in convenzione con il 118.
“Ci sobbarchiamo quotidianamente un lavoraccio anche per via delle lamentele di tutti quei pazienti che si sentono ignorati, abbandonati. Aggiungiamo il fatto che dovremmo essere circa 80, 85 medici su tutto il territorio provinciale. E invece siamo la metà. Questo comporta corse continue, in punti anche distanti della provincia, a bordo delle ambulanze. Al di là del rischio in strada e del nostro stress, è lo stesso paziente a essere penalizzato. Se un cittadino viene colpito da un infarto, può finire per dover attendere anche trenta minuti. Se le immagina le conseguenze? Un arresto cardiaco con possibilità di salvezza pari a zero”, prosegue il medico 118.
Ultima stilettata alla gestione sanitaria arriva dal professionista sulla questione incentivo, il cosiddetto “premio Covid”, riconosciuto in una prima fase pandemica al personale sanitario e che ha poi ha fatto “perdere le tracce”. Della mancata indennità e di tutta la poco incoraggiante fotografia del momento ne abbiamo parlato con Floriano Polimeno, segretario provinciale Funzione pubblica di Cgil Lecce. Il sindacalista si è detto “preoccupato” per il quadro complessivo salentino. Un comparto, quello del 118, sottorganico di 40 medici, venti infermieri e venti oss (operatori socio sanitari). Questa sarebbe la dotazione ideale per garantire il funzionamento delle postazioni 118 in condizioni “normali” e che non tiene conto dell’evento inatteso della pandemia.
Il quadro attuale delle postazioni salentine del 118 è costituito da tre tipologie di personale. Il primo composto da personale direttamente dipendente dalla Asl di Lecce: medici, infermieri e oss retribuiti con una contratto di sanità pubblica e tutelati maggiormente. Il secondo fa riferimento a dodici postazioni affidate ad associazioni di volontariato, comprese ambulanze e auto mediche. “Su 200 lavoratori complessivi, 70 hanno contratto come dipendenti di cooperative sociali. Si tratta di sanitari che lavorano part time, sottopagati. Tutti gli altri 130 circa sono lavoratori remunerati con un rimborso spese da volontario. Non hanno indennità, né coperture, né tantomeno delle tutele sindacali”, spiega Polimeno della Cgil. Infine, la terza tipologia prevede delle postazioni servite da Sanità Service, soprattutto quelle nel basso Salento. Postazioni internalizzate, il cui personale lavora con un contratto di sanità privata.
“La promiscuità delle prestazioni e delle responsabilità diviene dunque l’altro elemento pericoloso di questo lavoro. Un dipendente 118 della Asl viene sollecitato dalla centrale, durante il turno, a far fronte all’emergenza scendendo, per esempio, da un’ambulanza per poi salire subito su un altro mezzo gestito da un’associazione di volontariato (e se monti a bordo di un mezzo privato, non avrai certamente le tutele giuridiche garantite invece da servizio espletato su un’ambulanza pubblica). Questa dinamica si verificava anche prima dell’arrivo del Covid, poiché la regia del 118 è una sola. Turni massacranti che stanno causando esaurimenti, stress e burnout”, spiega il sindacalista. “Il personale del 118 si ritrova anche a subire la veemenza delle rimostranze dei pazienti che, in attesa di essere collocati, sfogano spesso sugli operatori la propria tensione che, spesso sfocia in aggressioni, prosegue il segretario di Cgil Fp.
A questo disagio crescente, se ne somma anche un altro. Dopo ogni intervento effettuato per Covid, i mezzi sanitari devono essere sanificati all’interno: o a Lecce, o a Galatina. Oltre alle telefonate da gestire, l’equipe del 118 sulle ambulanze si ritrova anche a dover provvedere a raggiungere i luoghi dell’igienizzazione. Per poi magari ritrovarsi sollecitata per eventuali ritardi ed essere costretta a nuove, pericolose corse. Un ulteriore problema ha mostrato il fianco debole dell’organizzazione sanitari negli ultimi giorni, quelli che hanno visto un incremento dei contagi. “Diversi dipendenti del 118 sono stati contagiati e costretti a casa fino alla negativizzazione del tampone. Quindi, oltre alla carenza del personale, si è assistito a un ulteriore calo delle unità disponibili. Come conseguenza le ferie sono state bloccate a tutti. E non solo. A chi spetterebbe il turno di riposo il giorno dopo aver smontato, spesso si chiede di tornare sul lavoro per coprire i turni vacanti di medici, autisti e infermieri”, spiega Polimeno.
Il referente sindacale, a proposito di carenza del personale, spiega che numerosi medici, competenti e formati per anni nel nostro territorio, si sono ritrovati costretti ad andarsene. “In tanti hanno scelto l’Abruzzo, poiché la Regione ha offerto loro contratti ospedalieri, ora rischiamo di perderne altri”. Dulcis in fundo, la platea di medici in convenzione Asl e infermieri del 118, era destinataria del cosiddetto “premio Covid”. Dal 15 marzo del 2020, fino al 15 maggio del 2021, sarebbe stata riconosciuta loro una indennità di circa 50 euro per ogni giorno lavorato, per via del rischio Covid ai quali erano esposti quotidianamente. Quei fondi tuttavia non sono ancora stati assegnati dalla Regione alla Asl. Ai dipendenti sanitari del 118 è stato pertanto dato un piccolo anticipo da parte dell’Azienda sanitaria locale. “Il resto” – fa sapere il sindacalista –“lo avranno prima o poi”. Ma non si sa quando.